“Noi non siamo stati i primi a vedere la polvere dell’Asia Minore d’estate, le sue pietre roventi, le isole profumate di sale e di aromi, il cielo e il mare di un azzurro implacabile. Tutto è già stato provato e sperimentato mille volte, ma spesso senza essere detto, oppure le parole che lo dicevano sono andate disperse o, se sono rimaste, esse sono inintelligibili e non ci commuovono più. Come nuvole nel cielo vuoto, noi ci formiamo e ci disperiamo su quel fondo di oblio” (M. Yourcenar-, Archivi del nord) In Avalanche i due esseri umani protagonisti vengono osservati da occhi ciclopici come antiche polveri conservate in un blocco di ghiaccio. Camminano all’alba di un nuovo pianeta, sotto il peso della loro millenaria tristezza. Tutto quello che non è sopravvissuto agisce, invisibile, su tutto ciò che invece è rimasto e che viene rievocato come regola, collezione, elenco di possibilità. La danza si pone in una costante tensione verso l’infinito dell’enumerazione, alla ricerca accanita di un esito. Gli occhi socchiusi, come a proteggere lo sguardo dalla luce accecante di un colore mai visto, afferrano l’abbaglio di un’estrema possibilità: una terra di sabbia e semi sulla quale qualcuno imparerà nuovamente a muoversi, dopo che anche l’ultimo archivio sarà andato distrutto.
Di: Marco D’Agostin
Con: Marco D’Agostin, Teresa Silva
Suono: Pablo Esbert Lilienfeld
Luci: Abigail Fowler
Movement coach: Marta Ciappina
Vocal coach: Melanie Pappenheim
Direzione tecnica: Paolo Tizianel
Cura e promozione: Marco Villari
Coprodotto da: Rencontres Choréographiques Internationales de Seine-Saint-Denis, VAN, Marche Teatro, CCN de Nantes
Con il supporto di: O Espaco do Tempo, Centrale Fies, PACT Zollverein, CSC/OperaEstate Festival, Tanzhaus Zurich, Sala Hiroshima, ResiDance XL
In collaborazione con Sardegna Teatro
Foto: Alice Brazzit