CALL una parola che ci riguarda sempre più da vicino, che leggiamo di frequente, un parola connessa ai contesti di lavoro. CALL: definisce una situazione di chiamata, una richiesta, la ricerca di persone che devono possedere requisiti specifici. CALL sempre più numerose, sempre più varie, che ci interrogano su come siamo, sul nostro passato e sul nostro presente. Le richieste sono dettagliate, spiazzanti, insolite, passano dalla sfera delle competenze tecniche a quella delle doti fisiche ed estetiche, dalla ricerca di particolari qualità emotive a esperienze di carattere affettivo e sensibile.
CALL: la chiamata a cui ci sentiamo di poter rispondere. La chiamata per cui ci sentiamo adeguat_ , la chiamata a cui rispondiamo talvolta anche se non siamo competent_ Nell’ambito artistico e performativo, mondo a cui apparteniamo, ci troviamo di fronte a CHIAMATE/CALL da parte del mondo esterno che ci mettono in gioco, portandoci a riflettere sulle parti di noi da esporre, sulle quelle più forti e quelle più fragili, su quali siano i requisiti che potremmo pubblicamente condividere. In parallelo alla CALL che viaggia da fuori verso di noi, esiste e scorre il fiume di una CALL interiore, che vorrebbe essere la cifra pulsante del nostro lavoro. Ma come possono coincidere queste due forme di chiamata in maniera armoniosa senza che una si ritrovi schiacciata dall’altra?
E’ quindi la CHIAMATA un presupposto di selezione o un atto di vocazione?
RISPONDERE è la volontà di mostrare un insieme di requisiti o, citando Simon Weil, l’attesa della chiamata è in fondo “una ricerca di verità”?
Queste riflessioni ci portano ad osservare il cambiamento in corso nel mondo del lavoro, cambiamenti evidenti nel modo di selezionare i lavorator_, effetti conseguenti al periodo pandemico, il movimento mee too, la nascita di nuove coscienze sindacali , forme dichiarate di dissenso come quella del Campo Innocente.
Il termine della Call si spinge più avanti, travalica i confini della selezione e invade lo spazio di lavoro con richieste di atti performativi ad altissima prestazione, velocità, efficienza, essere unic_ e special_, essere disponibil_, essere dispost_ a …cosa?
Quando un atto performativo si produce il concetto di CHIAMATA scorre lungo direzioni convergenti, nella scelta di accoglierlo mettiamo in campo innumerevoli sfumature di esposizione che vanno dall’alta prestazione a una fragilissima vulnerabilità. Scegliamo e siamo scelt_, chiamiamo e siamo chiamat_.
Abbracciando il concetto della multidirezionalità rivolgiamo la nostra chiamata al pubblico, convinte che il buon esito della performance si realizzi anche grazie alla qualità di presenza de_ osservator_. Rivolgiamo il nostro sguardo alle persone e le chiamiamo a sentire, guardare, vivere il caos di questi temi impressi nei nostri corpi e nelle nostre voci.
Facciamo squillare il trillo della chiamata verso il pubblico ricercando una condizione di uguaglianza poiché “ogni spettatore è già attore della propria storia; ogni attore, ogni uomo d’azione è spettatore della stessa storia”(J.. Ranciere)
Così come Virginia Woolf scriveva il suo ultimo articolo sotto i bombardamenti, spinta da un forte chiamata interiore, equivalente ad un ultima, impellente necessità, cerchiamo di danzare immaginandoci anche noi i bombardamenti, non poi così distanti, sulla testa.
REALIZZAZIONE
Intendiamo sviluppare le suddette tematiche nella creazione di un duetto che alterni l’uso del movimento e della voce. Il testo sarà sviluppato attraverso l’utilizzo della parola dal vivo e registrata, inoltre è previsto l’impiego di oggetti luminosi che rendono il disegno luci cruciale all’interno del processo creativo. L’opera prevede che le performer instaurino in alcune scene una comunicazione “diretta” con il pubblico”.
TAPPE SVOLTE
Dal 26 Aprile all’8 Maggio 2022 Sa Manifattura, Fuorimargine
Dal 16 al 21 Agosto Sa Manifattura, Fuorimargine
Dal 30 Agosto all’1 Settembre Sa Manifattura, Fuorimargine
Dal 7 all’11 Settembre S’ala Sassari
RIFERIMENTI TEORICI
Lo spettatore emancipato, Jaques Rancière
Attesa di Dio, Simone Weil
Pensare la pace durante un ride aereo, Virginia Woolf
Nessun* tocchi il Fallo/Fabre. Alcune note su violenza, sessismo e lavoro artistico, il Campo Innocente
Lettera di denuncia a Jan Fabbre, 20 sue/suoi ex collaboratrici/tori della Compagnia Troubleyn
Tempi moderni, Charlie Chaplin
Di: Donatella Martina Cabras e Giulia Cannas
Con: Donatella Martina Cabras e Giulia Cannas
Produzione: Fuorimargine
In collaborazione con: movimentopoetico
Con il supporto di: S’ala Sassari
Disegno luci e tecnico del suono: Filippo Cossu
DONATELLA MARTINA CABRAS
Autrice di percorsi performativi e didattici nell’ambito di una ricerca permanente sul movimento e fondatrice dell’associazione movimentopoetico, collabora con centri culturali, festival e scuole mossa dall’idea che la danza sia uno strumento di sviluppo, crescita e relazione. Radica la sua formazione da danzatrice inizialmente in Inghilterra e prosegue poi in Italia con specializzazioni in ambito sociale e pedagogico. Sogna una casa della danza in Sardegna con vista sul mare dove si promuova la danza per tutti.
GIULIA CANNAS
Danzatrice, performer e autrice.
Sin da molto giovane conduce una ricerca sul movimento che la porta a sviluppare un linguaggio sperimentale e personale. Il suo lavoro trova un profondo radicamento con la terra sarda. Collabora con Donatella Martina Cabras e l’associazione movimentopoetico ed entra in dialogo con prestigiosi centri di formazione e produzione, come la Biennale Danza di Venezia, Anghiari Dance Hub, Da.Re., il festival Cortoindanza, il Centro di produzione della danza Fuorimargine in Sardegna, e la compagnia Oltrenotte. Lavora come improvvisatrice in performance in spazi convenzionali e non con musicisti contemporanei sperimentali come Guido Tattoni e Francesco Giomi.
Ogni spettatore è già attore della propria storia; ogni attore, ogni uomo d’azione è spettatore della stessa storia