”La professione è più di una semplice attività; è l’essenza di ciò che siamo, una passione così intensa da diventare quasi spirituale nella sua chiamata.”
Questo concetto di Vincent Van Gogh, genera una riflessione sulla natura della nostra vocazione e su come essa si intrecci con le richieste esterne che ci definiscono nel mondo performativo in cui viviamo.

La “CHIAMATA” : concetto centrale in questo contesto, un termine che abbraccia una vasta gamma di requisiti, da competenze tecniche a qualità emotive. Siamo di fronte a richieste esterne che ci sfidano e ci mettono alla prova, ma contemporaneamente di fronte alla nostra “CHIAMATA” interiore, quella pulsante che dovrebbe guidare il nostro lavoro.
Su questa duplice forma di chiamata ci interroghiamo: è la CHIAMATA un avviso di selezione o rappresenta un atto di vocazione? Spesso, le richieste esterne ci spingono verso alte prestazioni, velocità ed efficienza, ponendo su di noi aspettative di essere speciali, disponibili, essere “disposte a…” cosa? Navigando in questo percorso performativo la nostra esposizione nasconde una vulnerabilità profonda e fragile.

Scegliamo la nostra chiamata o siamo noi stesse scelte da essa? Abbracciando il concetto di multi-direzionalità, ci rivolgiamo al pubblico con la nostra chiamata, immaginando di danzare sotto i bombardamenti, come scriveva Virginia Woolf durante i momenti più cupi della storia, bombardamenti non poi così distanti dalle nostre teste.

La performance segue una settimana di residenza artistica, dal 22 luglio, negli spazi de Sa Manifattura