Non esiste un luogo per l’esotico, si tratta di pura rappresentazione. Ma la sua vacuità può essere senz’altro uno spazio reale, un contenitore per collezionare un catalogo di danze svincolate da ogni verosimiglianza, evocazione di un ambiente che fa fede ad un unico principio selvaggio: la mescolanza, la prossimità, l’incomprensibile euforia di un mondo solo immaginato.
Mentre gli etnologi finalmente si riconvertono ad esaminare l’ultima inossidabile tribù ancora in circolazione – quella turistica – e gli antropologi si danno alla macchia occupandosi di serie televisive, il pensiero selvaggio viene dimenticato dall’entertainment ma prolifera indisturbato nella foschia, senza proclami di riscatto ma proprio per questo assolutamente cruciale per il futuro dell’umanità.
Futuro sonoro, acquatico, tropicale, a 40 gradi all’ombra, epidemico, balsamico, anatomico e umido.
La nuova produzione di mk è un caleidoscopio di danze ed immagini immerse in una sonorità ibrida, calda come una fornace; una produzione incessante di sistemi coreografici che sembrano rimandare ad un nuovo folklore, evocativo di un mondo a venire, in cui il disordine delle cose è la regola, e l’ambiente si fa torbido e pulsante, finalmente indisturbato nel suo desiderio di ‘rewilding’.
E’ lo spirito dell’ignoto e del disordine, che vaga allo stato brado nella foresta, intorno alla città e ai campi,
distruggendo le convenzioni su cui si basano il significato e i sistemi con cui si dà forma alle immagini.
Il selvaggio è una sfida lanciata all’unità del simbolo, alla totalizzazione trascendente che lega l’immagine a ciò
che questa rappresenta, il selvaggio si insinua in questa unità e la forza, aprendola, crea al suo posto uno slittamento,
un’articolazione che fa scontrare tra loro significato e significante.
Di questo scontro il selvaggio fa spazi di tenebra e di luce in cui gli oggetti, in una nudità screziata, restituiscono lo sguardo,
mentre intorno i significanti fluttuano nel vuoto. Il selvaggio è lo spazio della morte della significazione.
distruggendo le convenzioni su cui si basano il significato e i sistemi con cui si dà forma alle immagini.
Il selvaggio è una sfida lanciata all’unità del simbolo, alla totalizzazione trascendente che lega l’immagine a ciò
che questa rappresenta, il selvaggio si insinua in questa unità e la forza, aprendola, crea al suo posto uno slittamento,
un’articolazione che fa scontrare tra loro significato e significante.
mentre intorno i significanti fluttuano nel vuoto. Il selvaggio è lo spazio della morte della significazione.
Con: Biagio Caravano, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza,
Flora Orciari, Laura Scarpini, Francesca Ugolini
Coreografie e atmosfera: Michele Di Stefano
Modular system live: Biagio Caravano
Musiche: The Creatures, My Bloody Valentine
Luci: Giulia Broggi
Video: Lorenzo Basili
Management: Carlotta Garlanda con Silvia Parlani
Distribuzione: Jean François Mathieu
Coproduzione: mk/KLm, LAC Lugano Arte e Cultura (CH), Triennale Milano, Théâtre du Briançonnais (FR), Bassano OperaEstate
Con il sostegno di: Istituto Italiano di Cultura Bucarest (RO)
In collaborazione con: USI Accademia di Architettura di Mendrisio (CH) – corso coordinato dall’arch. Riccardo Blumer – e CNDB Centro Nazionale Danza Bucarest (RO)
Supporto: KOMM TANZ/PASSO NORD progetto residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni
In collaborazione con: il Comune di Rovereto, ORBITA /Spellbound Centro Nazionale di Produzione Danza
In collaborazione con: ATCL Circuito multidisciplinare del Lazio – Spazio Rossellini con il contributo MIC