La vita cerca il suo corpo incessantemente. E ci consegna alla turbolenza dei legami e degli intrecci che articolano la materia: il farsi del mondo.

VIBRANT BODIES si presenta come una piccola tribù passeggera che si addensa e disperde per aderenza collettiva a una compromissione della stabilità, a un senso di deterritorializzazione che pervade i corpi e li consegna a uno stato sempre nascente. L’immagine di una corporeità che prende forza e potenza espressiva per fenomeni vibratili, irregolari, sfilacciati, si colloca come nucleo irradiante del lavoro.
Impregnata di emergenze creaturali, la coreografia si dispiega come un campo di intensità, di tensioni e filamenti che prediligono linee, spirali pieghe e interstizi alle cornici e ai perimetri regolari. La cartografia di un mondo instabile, in cui la centralità del corpo si ripropone nella moltiplicazione materica di eventi anatomici e ambientali.

Rinascere nella marginalità dello spazio o protesi nel suo centro vertiginoso. Così si rigenerano e affezionano le presenze. Nel continuo tentativo di risalire da una andatura quadrupedica, sbilanciata fino a disegnare posture di uccelli/angeli improbabili che si proteggono dalla caduta. Chissà se saranno radici, zampe o ali, tese tra forma e disfacimento, tra imprevedibilità e attesa.

Nel divenire errabondi, torti si impara a fare spazio, guadagnare prospettive e assetti non previsti con il palato e il coccige che propagano l’opposizione vettoriale in spirali ampie, a tratti vertiginose e poi sfumate, ai margini dello sguardo, disegnate nella trasparenza dell’aria.

Solitari e nodosi oppure riuniti, e prismatici, i vibrant bodies stanno in bilico, tra le cose, svelando una condizione mai pienamente compiuta, che trasuda vulnerabilità ma anche trasformazione.

Sempre, possibile, nuova vita.